Jesus Velasco si confessa a Pallaalcentro dopo la vittoria della Liga


24/06/2014 - "Una grande soddisfazione. Raggiunto l´obbiettivo della società"

Jesus Velasco è uno abituato a vincere. Nella sua decennale carriera in Italia ha conquistato sei scudetti con Torino (1), Prato (2) e Luparense (3), quattro Coppa Italia con Prato (2) e Luparense (2) e cinque Supercoppa Italiana con Torino (1), Prato (2) e Luparense (2). 15 trofei in dieci anni, ma anche l'etichetta di chi aveva dovuto abbandonare la Spagna per potersi imporre come allenatore. E così, se in Italia nel frattempo è diventato il "mago", in patria ha dovuto dimostrare, nel miglior campionato del mondo, tutto il proprio valore. Lo ha fatto prima nei tre anni di Caja Segovia, con una Liga sfiorata, tantissimi futuri campioni lanciati sul palcoscenico internazionale come Lin, Lozano, Borja, Mati e il premio di miglior allenatore del campionato. Risultati che nell'estate del 2012 hanno portato l'Inter Movistar, la più titolata squadra del mondo, a scegliere il tecnico di Toledo per la ricostruzione. Velasco si è rimboccato le maniche e, come nelle precedenti esperienze, si è affidato al lavoro. Dopo un primo anno di assestamento, con alcune bandiere ammainate, sono arrivati i grandi successi di questa stagione: Coppa di Spagna e campionato, conquistato dieci giorni fa battendo nettamente l'El Pozo Murcia. E Jesus Velasco racconta a Pallaalcentro come è stato costruito questo successo, senza dimenticare i suoi trascorsi a Prato. 

Jesus, cominciamo dalle emozioni. Cosa hai provato alla fine di gara–3 contro l'El Pozo Murcia?
Innanzitutto un grandissimo sollievo. E' stata la fine di un compito molto difficile e duro, che mi ha portato a raggiungere l'obiettivo fissato dalla societá in soli due anni.
1999, primo scudetto vinto in Italia con il Torino. 2002 primo scudetto con il Prato, 2007 primo scudetto con la Luparense. 2014, primo titolo in Spagna. Quali sono le differenze tra queste vittorie?
Ognuna ha le sue caratteristiche, ottenute con rose diverse e una societá diversa. Ma tutte si assomigliano, perché le squadre erano state fatte per vincere e con tutte quattro sono riuscito a raggiungere l'obbiettivo. Forse la piú grande differenza sta nel grado di maturitá che ho guadagnato con ognuno di questi successi. Oggi vedo le cose con molta serenitá.
Nel 2009, dopo aver vinto il sesto scudetto in Italia, sei tornato in Spagna. Prima tappa Segovia, titolo sfiorato e premio di miglior allenatore della Liga. Quanto è stata importante l'esperienza al Caja?
La tappa al Caja Segovia è servita al mio riaddattamento al campionato spagnolo, molto diverso di quello italiano. E poi mi ha dato tanto sotto l'aspetto emozionale. Purtroppo non sono riuscito a vincere nulla con loro. Mi sarebbe piaciuto tanto dare a quel gruppo fantastico e alla gente di Segovia qualche titolo. 
L'Inter Movistar ti ha chiamato nel 2012 per ricostruire una squadra che non sapeva più vincere. Il primo anno a cosa è servito?
Nella prima stagione di Inter abbiamo avuto un grossisimo contrattempo col l'infortunio di Matias, il giocatore su cui girava tutta la squadra. Anche i due bomber, Eka e Betao, sono finiti fuori prima di Natale per infortunio. É stato un anno strano, ma sono contento di quello che siamo riusciti a fare. Ci è mancato qualche mese per poter raggiungere qualche obbiettivo importante. 
Quest'anno hai raccolto i frutti. Coppa e campionato. Quando hai capito che questa squadra poteva vincere tutto?
La seconda settimana di lavoro ho cominciato ad accorciare la mia motodologia di lavoro, togliendo tanto lavoro nei fondamentali ed inserendo aspetti che di solito curo piú avanti, come l'inserimento dei fondamentali nel gioco colettivo e il coordinamento tra i quattro giocatori. Subito l'allenatore in seconda Chicho Ibanez e io ci siamo accorti che la squadra girava benissimo. E piano piano abbiamo avuto i risultati che ci hanno dato la fiducia per credere che era possibile battere chiunque.
Il giocatore simbolo della squadra è Ricardinho. Come si gestisce in campo un campione come lui?
Ricardinho si gestisce da solo...ed è  vero. E' molto facile  allenare un giocatore come lui. É un grande compagno, a cui piace allenarsi con intensitá e ha sempre voglia di migliorare. Questi tre aspetti sono la base della piramide che fa di Ricardinho uno tra i più grandi giocatori che ho avuto la fortuna di allenare. Sono i tre aspetti che per me sono più importanti in un giocatore.
L'anno prossimo tornerete a disputare la Uefa Futsal Cup, un torneo che l'Inter Movistar ha vinto tre volte, ma l'ultima risale al 2009. Anche per te fino ad ora la competizione europea è stata un tabù. Cosa servirà per vincerla?
Per vincere una competizione particolare come la UEFA Futsal Cup dovremo arrivare nella condizione migliore nei momenti importanti della competizione.
Spagna del futsal fuori dalla finale europea dopo 11 anni. Spagna del calcio eliminata al primo turno dei mondiali di calcio. Quale dei due risultati ti ha stupito di più?
Lo sport è molto bello per queste cose. Ora ci è andata male, ma prima abbiamo fatto benissimo, vincendo tutto. Basta capire che questo è sport e che anche gli altri lavorano bene e duro per cercare la vittoria. A volte va bene e a volte no...Tutte e due sono grandi sorprese, ma ripeto che lo sport è bellissimo proprio per queste cose. Devi giocare per vincere, ma sapendo che puoi anche perdere.
Velasco ha seminato molto bene in Italia. Tra i tuoi ex giocatori tanti sono diventati allenatori. Carlos Chilavert è il CT del Paraguay. Felice Mastropierro allena il Tolone nella serie A francese. Cristian Busato ha guidato la sorprendente Poggibonsese alla finale dei playoff di serie B contro l'Arzignano di un altro tuo ex giocatore, il grande Marcio. Allenano anche Vassallo, Visconti, Andrejic, Fiori. Mentre Pablo Ranieri e Pippo Quattrini, sono allenatori–giocatori. Bearzi sta iniziando. Ti aspettavi di vederli tutti seduti in panchina? 
Non riesco ad immaginare Busato allenatore, mi manca soltanto di vedere il mitico Bearzi. Comunque, per piacere, qualcuno deve convincere il guerriero della Cinquina di smettere. Per favore Pippo, lascia tranquilli gli arbitri e vai in panchina!!!! A parte gli scherzi, sono orgoglioso di questo. Continuo ad avere rapporti con alcuni di questi ragazzi che hai nominato. Anche fuori dall'Italia ci sono allenatori che hanno giocato con me: Andrea Cristoforetti ha datto una mano alla nazionale del Sudafrica e Deco Vicentini sta allenando in Brasile. Mi sembra una cosa normale, è gente che ha il futsal dentro. Spero soltanto che i ricordi che hanno degli anni passati insieme siano positivi.
Cinque anni della tua vita passati a Prato. Resta la squadra che hai allenato per più tempo. Cosa ti è rimasto di quella esperienza? 
Tante cose, non solo una. É difficile per me trasmettere quello che ho visuto a Prato. Credo che con quella squadra abbiamo sconvolto tutto il movimiento italiano del futsal. Purtroppo é finita quella esperienza magnifica, ma credo che tutti quanti che abbiamo fatto parte del mitico Prato siamo cresciuti come persone e, sul piano professionale, come sportivi .
C'è un episodio particolare che ti torna in mente di quegli anni?
Dal punto di vista professionale senza dubbio il Golden Gol di Bearzi il 9 aprile del 2002, che ci ha datto il primo titolo a Prato, la Coppa Italia di quell'anno. Per quanto riguarda l'aspetto personale il momento che, insieme a mia moglie Elena e a Michele Scapicchio, che ci accompagnava in ospedale, ho capito che sarei diventato padre dei miei gemelli.
Michele Scapicchio...un ricordo per chi non c'è più. Otto anni fa moriva, improvvisamente.
Un grande amico e una grande perdita per chiunque ha avuto la fortuna di conoscerlo. Quell'episodio che ho raccontato prima mi accompagnerà per sempre. Vorrei anche ricordare un altro grande che non c'è più, Salvatore Ticli, con cui ho lavorato alla Luparense nel 2007.

Nicola Giannattasio