Pallaalcentro incontra... Diego Raul Giustozzi


10/01/2018 - Intervista al tecnico argentino Campione del Mondo nel 2016

Intervista a cura di: Nicola Giannattasio

Pallaalcentro incontra Diego Raul Giustozzi, il tecnico che ha riscritto la storia del futsal conducendo l'Argentina alla conquista della Coppa del Mondo 2016, prima nazionale ad interrompere l'egemonia di Brasile e Spagna. Nato a Buenos Aires il 1* agosto 1978, poche settimane dopo la conquista del primo titolo mondiale dell'Albiceleste nel calcio, in patria è stato paragonato a Cesar Luis Menotti per essere stato il primo allenatore a regalare l'alloro iridato nel calcio a 5, così come "El flaco" ci riuscì nel football.  Padre calciatore professionista negli anni '70, madre insegnante di tennis, lo sport sembrava essere nel destino del piccolo Diego che però ci ha messo un po' per trovare la sua strada dopo aver praticato a buoni livelli proprio la disciplina insegnata dalla mamma. 
Diego, qual è stato il tuo percorso prima di arrivare al calcio a 5? 
Ho sempre giocato contemporaneamente a calcio e calcio a 5, in Argentina questo è abbastanza normale fino ai 17, 18 anni. A 17 anni sono stato convocato nella nazionale under 18 di calcio a 5 e da quel momento mi sono concentrato soltanto con il futsal. Ho giocato prima nella mia squadra di quartiere, poi nel River Plate e da lì sono partito per l’Europa, dove ho trascorso 15 anni tra Italia e Spagna. In Europa sono cresciuto molto come persona e come professionista, ho bellissimi ricordi.
Tuo padre, Raul, è stato un importante calciatore argentino negli anni settanta. E' stato allenato dal grande Didì e ha giocato nel River Plate, di cui è entrato poi nello staff tecnico. Cosa ti ha insegnato prima nel tuo percorso da giocatore e poi in quello da allenatore?
Mio padre è una persona di poche parole, ma quelle che ti dice rimangono. La cosa più importante che mi è rimasta impressa è che lui si arrabbiava molto con me perché non facevo gli sport che praticavo al 100%, Prima ho lasciato il tennis, poi il paddle e il calcio, ma poi ho trovato nel futsal la mia strada. Quel ricordo fa sì che oggi qualsiasi cosa affronti la faccia al 100%. 
Dopo aver giocato in Argentina con Lugano e River Plate, sei arrivato molto giovane, a 20 anni, in Italia. La tua prima squadra fu il Firenze C5, ma l'inizio fu molto sfortunato. Cosa ricordi di quella tua prima esperienza in Europa?
Fu inizio sfortunato a causa di un infortunio, e forse anche sportivamente per i risultati. Ero molto felice in Argentina, ma per diventare una persona più matura e amare l'esperienza all'estero sono stato molto fortunato ad arrivare a Firenze. Una città eccezionale, un'ottima società, una squadra fatta di brave persone e ho grandi ricordi di tutti. Sopratutto il destino ha fatto incrociare la mia strada con quella di Andrea Rosso e della sua famiglia, Non sono molto bravo a dimostrare le cose e ho perso i contatti, ma Andrea è forse sia la miglior persona che ho trovato nei miei 15 anni in Europa. Lo porterò sempre nel cuore e spero un giorno di poterlo incontrare di nuovo. 
Sono poi seguiti gli anni con Pescara, Bnl e Montesilvano. Hai giocato con tanti campioni e sei stato allenato da tecnici preparati. Quanto hanno contribuito alla tua formazione come giocatore e come futuro allenatore? 
Sicuramente tantissimo, sia quelli bravi che quelli meno bravi, tutti mi hanno lasciato qualcosa. Ma quello che più ricordo è Corrado Roma. Lui mi ha fatto amare il mestiere di allenatore. Queste esperienze mi hanno aiutato a essere prima di tutto un uomo, poi un giocatore e adesso un allenatore. Sono stato molto fortunato. 
Erano gli anni in cui la massima espressione del calcio a 5 italiano era il Prato di Jesus Velasco. Cosa ha portato l'allenatore spagnolo in Italia?
Ha portato un’altra maniera di vedere e praticare questo sport. Ha dimostrato che si può migliorare una squadra e un giocatore partendo da aspetti tecnici e mentali, più che che tattici. E poi ha anche vinto tutto. Credo sia la tra le persone più importanti della storia del calcio a 5 italiano. 
Hai poi scelto di andare tu stesso in Spagna, giocando con Santiago e Caja Segovia. Quali sono state le differenze che trovasti allora tra Italia e Spagna e quali sono secondo te quelle attuali?
La differenza tra la Spagna e l’Italia è grandissima, ma solo chi la vive personalmente la può capire. Posso dire che in Italia è come se avessi frequentato il Liceo, mentre in Spagna sono andato all'Università e ho fatto un Master. Gli spagnoli lavorano per un'idea attraverso un processo dalla A alla Z, che poi ti porta ad un obbiettivo e a un risultato. In Italia, invece, si lavora solo per il risultato. Il come e il perché si raggiunga un risultato non interessa. Questo succede anche nel calcio.
Le tue ultime esperienze da giocatore in Italia hanno coinciso anche con le prime da tecnico. Juniores della Canottieri Lazio e "player–manager" al Real Rieti. Quando hai capito che volevi diventare un allenatore?
Quando sono tornato dalla Spagna in Italia e sono andato a giocare a Pescara. Lì ho capito che avevo perso quella fame per migliorare individualmente come giocatore. Non ero più competivo negli allenamenti per cercare di superare i miei compagni. In quel momento già pensavo solo al bene della squadra senza più pensare a me come singolo. 
Nel 2014 sei diventato il Commissario Tecnico della nazionale argentina, dove hai riscritto la storia del futsal. Nel 2015 vittoria della Coppa America e nel 2016 il trionfo mondiale. Immagino che nemmeno nei tuoi sogni avresti pensato di arrivare così in alto.
Se devo essere sincero, no. Neanche nei migliori sogni mi sarei aspettate quattro anni con tanti successi. Ma vedi, ho come l'ossessione di voler aiutare questa disciplina nel mio paese e mi piacerebbe restare nella storia. Il 100% delle persone che sono uscite da questo sport in Argentina lo hanno fatto dalla porta di servizio e nell'anonimato. Questo non vorrei che succedesse a me. Voglio che la gente abbia un bel ricordo della mia persona e che quando mi guardo indietro io abbia la tranquillità di sapere che ho ridato all'Argentina qualcosa indietro di quello che ho ricevuto dal mio sport. 
L'ultimo mondiale ha cambiato le gerarchie del futsal. Brasile e Spagna nemmeno tra le prime quattro. Una casualità o è il segnale di come questo sport stia crescendo in tutto il mondo? 
Questo sport sta crescendo tantissimo. Sicuramente Spagna e Brasile saranno quasi sempre i vincitori delle future manifestazioni, ma adesso sanno che la storia non è più come prima. Hanno capito he non esistono più solo loro e che, come accadeva prima, anche facendo il minimo avrebbero vinto lo stesso. Questo sport è cambiato e credo che adesso brasiliani e spagnoli se ne siano accorti. 
Come state lavorando in Argentina per il consolidamento e lo sviluppo della disciplina? 
Ci stiamo mettendo moltissimo impegno e stiamo facendo un grande lavoro. Credo che siamo sulla strada giusta. Ci sono stati dopo il Mondiale vinto molto cambiamenti regolamentari che hanno migliorato questo sport. Questa è la mia soddisfazione più grande, oltre ovviamente ai titoli vinti con la nazionale. 
Qualche mese fa sei stato ospite della Divisione calcio a 5 per alcuni incontri con i tecnici italiani. A tuo parere su cosa si deve lavorare per avere la formazione di giocatori italiani in Serie A? 
In Italia, come ho detto in precedenza, si pensa solo al risultato senza pensare al come viene raggiunto e perché si riesce a stare a certi livelli. Si dovrebbe lavorare più sulla formazione. Una formazione a 360°, dei giocatori, delle squadre e delle società. Ma non sono io che posso dare un giudizio, visto che è da tanto che sono lontano dall'Italia. La cosa più importante è che devo dire grazie all'Italia per quello che mi ha dato e spero un giorno di poter tornare.