Futsal Amarcord: Il Mondiale del 1996


20/04/2020 - Il Brasile per la terza volta campione. La Spagna delusa. L´esplosione di Bearzi

Per la terza edizione della sua Coppa del Mondo targata FIFA il calcio a 5 vola in Spagna, nella terra che ormai da qualche anno organizza il più bel campionato del pianeta: la Division de Honor. Murcia, Segovia, Castellon de la Plana e Barcellona ospitano dal 24 novembre all'8 dicembre i più forti giocatori del globo. 
16 le squadre qualificate. Oltre al Brasile bi–campione del mondo ci sono altre due sudamericane, Argentina e Uruguay, tre asiatiche, Iran, Cina e Malesia, due centroamericane, Cuba e Stati Uniti, reduci dalla finale di quattro anni prima ad Hong Kong, una per Oceania e Africa, rappresentate da Australia ed Egitto. E poi c'è la folta pattuglia delle nazionali europee, capeggiate dai padroni di casa. Belgio e Olanda rappresentano al meglio la tradizione del futsal nordeuropeo, mentre Ucraina e Russia quello potente e atletico dell'est. E infine c'è l'Italia, che insegue il suo primo piazzamento di prestigio nella kermesse iridata. 
Gli azzurri sono andati maluccio nell'89 in Olanda, fuori nel girone dei quarti dietro Belgio, la stessa Olanda e l'Ungheria, e malissimo nel '92, eliminati addirittura al primo turno da Iran e ancora Olanda. L'Italia del 1996 ha però buone speranze di invertire la rotta. Sulla panchina della nazionale siede Carlo Facchin. Classe 1938, veneto di Portogruaro, negli anni sessanta è stato un buon attaccante di calcio con le maglie di Catania e Torino, con cui ha chiuso per due stagioni la classifica marcatori della Serie A ai primi posti. Come allenatore ha girato l'Italia prima di diventare tecnico federale e approdare, nel maggio del 1990 sulla panchina della nazionale di calcio a 5. La prima breve parentesi si chiude un anno dopo, nonostante un buon bilancio. Facchin torna alla guida degli azzurri alla fine del 1993. Nel 1994 vince il Mundialito di Milano e nel gennaio del '96 li conduce al quarto posto nel primo Europeo sperimentale, a Cordova. Dieci mesi dopo torna in Spagna per cercare di portare l'Italia nell'elite del futsal mondiale. Il girone di qualificazione ha visto la nazionale piazzarsi al primo posto davanti ad Ucraina, Yugoslavia, Ungheria, Portogallo e Georgia. Il calcio a 5 italiano è in crescita: il 3 maggio del 1996 la Bnl Roma ha vinto l'European Champions Tournament, la Coppa dei Campioni, antesignana dell'attuale Champions League. I capitolini hanno battuto 5–4 in finale il fortissimo Lepato Zaragozza, dimostrando che gli spagnoli si possono sconfiggere. E proprio dalla BNL Facchin attinge a piene mani, convocando il "Puma" Caleca, Mannino, Riscino, Famà e Ivano Roma. Quest'ultimo non faceva parte della squadra campione d'Europa ma è il più forte centrale della Serie A e i bancari lo hanno acquistato dal Torrino. La "colonia" romana è completata dal roccioso difensore Zaffiro e dal bomber Matranga del Ladispoli. La porta è blindata con due siciliani: Ciccio Coppola del Palermo e Ciccio Fradella del Milano. Del Milano sono anche Esposito e Andrea Bearzi, che con i suoi 21 anni da poco compiuti è di gran lunga il più giovane della rosa. A completare i 12 Massimo Quattrini del Torino, per tutti Pippo, che con Famà e Matranga è uno dei reduci di Hong Kong. La squadra è fatta. Ma Facchin deve rinunciare al più forte giocatore italiano, e tra i migliori al mondo: Andrea Rubei. Il bomber della Lazio, 97 gol nella sua lunghissima esperienza azzzura, ha già saltato gli Europei di gennario per infortunio e non riesce a recuperare per i mondiali. Un'assenza pesantissima. E così il fenomenale giocatore romano chiuderà la sua esperienza ai Mondiali con la sola partecipazione di quattro anni prima, chiusa con 7 gol in 3 partite. Resta a casa anche Giovanni Roma, capocannoniere della Bnl e dell'ultima Serie A. 
Il Mondiale si apre ufficialmente il 24 novembre davanti ai 7500 spettatori del Palasport di Murcia, la tana del Pozo. La Spagna si sbarazza facilmente dell'Egitto, con una prova di forza che la candida come rivale numero uno del Brasile. A rivederla oggi quella Spagna è una nazionale quasi mistica. La quantità di talento e personalità dei 12 convocati da Javier Lozano è impressionante. In porta c'è il fenomenale Jesus, icona dell'Inter Futbol Sala. Il reparto difensivo può contare su un terzetto straordinario: Julio, per anni capitano dello stesso Inter, Santi, bandiera e capitano del Zaragoza e soprattutto lo sceriffo, Javi Lorente. Lorente, oltre che essere un leader, è un giocatore sublime. Tatticamente perfetto, insuperabile nell'uno contro uno. Ma è anche capace di predicare futsal, imbucando il pallone da qualsiasi posizione ma anche diventando implacabile sotto porta, come dimostra la tripletta all'Egitto. Lo vedremo anche in Italia con la maglia del Torino, con cui, ovviamente, vince lo Scudetto. Il resto della squadra è strabordante di qualità. Ci sono Fran Torres e il naturalizzato brasiliano Ferreira, il carismatico Pato, divenuto successivamente uno dei più apprezzati tecnici della Liga. I pivot Javi Sanchez, straordinario in tutte le fasi di gioco e dotato di un'intelligenza tattica fuori dal comune, e Joan, che a 21 anni è già tra i più forti cannonieri d'Europa. L'altro astro nascente della Roja si chiama Javier Rodriguez Nebreda, passato alla storia del futsal semplicemente come Javi Rodriguez. A 22 anni si appresta a disputare il primo dei suoi quattro mondiali e a scrivere il capitolo numero uno della sua leggenda. E poi c'è lui, el gran capitan, Vicente Martinez Baz, per tutti Vicentin. Laterale dotato di un tiro fulminante e di una tecnica sopraffina. Vicentin era stato tra i trascinatori della Spagna, che chiuse al terzo posto ad Hong Kong. Su di lui sono riversate le grandi speranze del tutsal spagnolo. Soprattutto perché la Spagna, come l'Italia, ha perso per infortunio prima del Mondiale il suo cannoniere principe, la "Maravilha" brasiliana Paulo Roberto. 
Le furie rosse  rosse dominano il girone. Dopo il 7–2 all'Egitto, arrivano il 4–1 alla pur forte Ucraina, che chiuderà seconda e il 7–1 all'Australia. 
Tutti i grandi tornei, al primo turno, presentano un girone di ferro. In questo caso è il girone B, che si disputa come quello della Spagna a Murcia. Ne fanno parte i vicecampioni d'Europa della Russia, l'Olanda, già seconda ai mondiali casalinghi dell'89, l'emergente Argentina e la Cina, che chiuderà a zero punti. Russia e Olanda pareggiano 2–2 nella prima gara. L'Argentina vince soffrendo contro la Cina, ma poi ferma a sua volta sul 2–2 la Russia. I soli due punti conquistati dagli ex sovietici sono la grande sorpresa dell'avvio del Mondiale. La Russia è una squadra fortissima, incentrata sul blocco della Dina Mosca campione d'Europa nel 95 e che lo sarà per altre due volte nel 97 e nel 99. La stella indiscussa è lo zar: Konstantin Eremenko. Eremenko è semplicemente una forza della natura. Un fisico da corazziere, con la tecnica di un brasiliano e una potenza di tiro come mai si è vista e forse mai più si rivedrà. Sembra quasi la reincarnazione dello Zar Pushka, il gigantesco cannone commissionato nel 1586 e oggi conservato all’interno delle mura del Cremlino di Mosca. Il fuoriclasse di Dnipropetrovsk quattro anni prima ha incantato il mondo realizzato 15 reti in sole tre partite ai mondiali di Hong Kong. E' stato il capocannoniere degli ultimi Europei e si ripeterà anche nel 1999.  Si ritirerà per i problemi fisici a soli 31 anni e un infarto lo porta via a 39. Ma la sua leggenda è indissolubile. Ma la Russia non è solo Eremenko. Il Commissario Tecnico Andreev può contare sul centrale numero due in Europa. Aleksandr Veriznikov, un muro difensivo dotato di tecnica e fisicità debordante. E poi Belyj, Alekberov, Gorin e il portiere Samokhin. La Russia ha poi una particolarità, operando le sostituzioni a quartetti. Alternando così momenti di grandi fisicità ad altri di velocità e rapidità. Per qualificarsi, dopo aver liquidato la pratica Cina, i russi devono aspettare il risultato di Olanda–Argentina, che premia gli orange. L'Olanda chiude così, a sorpresa, al primo posto. Gli olandesi si affidano soprattutto alla genialità di Edwin Grunholz, un funambolo capace di tutto con il pallone tra i piedi e uno dei principali giocatori europei. Per l'Argentina una grande delusione. L'Albiceleste non è ancora una potenza mondiale, ma può comunque contare su giocatori di altissimo profilo come il portiere Guisande, Sanchez, Petillo, Parilla, Planas e Tallaferro, che vedremo tutti protagonisti nel campionato italiano. 
Il girone C è quello dell'Italia. Si gioca a Segovia, città fondata dai romani nell'80 a.c. e che delle vestigia dell'Impero mette in bella mostra l'imponente acquedotto. Gli azzurri sono stati sorteggiati con i vicecampioni del mondo degli Stati Uniti, l'imprevedibile Uruguay e la Malesya. Proprio gli asiatici rappresentano il primo ostacolo sulla strada della squadra di Facchin. L'inizio di partita è scioccante. Le tigri vanno in vantaggio dopo pochi minuti e si ripresentano i fantasmi di quattro anni prima, quando l'Iran sorprese gli azzurri estromettendoli dal Mondiale. La Malesia si dimostra però ben poca cosa. Una doppietta del Puma Caleca, il vero felino in campo, e i gol del veterano Famà e del giovane Bearzi chiudono il primo tempo sul 4–1. Nel secondo tempo altre sei reti, una ancora per Famà, Caleca e Bearzi e poi in gol Riscino, Zaffiro e Roma. L'esordio roboante degli azzurri fa il pari con la vittoria di misura dell'Uruguay sugli Stati Uniti. La garra charrua della celeste ha la meglio sugli americani, che sono qualitativamente inferiori rispetto alle due edizioni precedenti, chiuse al terzo e al secondo posto. Nell'89 e nel '92 la nazionale a stelle e strisce era infatti composta in larga parte da professionisti del calcio a 11, protagonisti ai mondiali di calcio di Italia 90 e Usa 94. La seconda partita, già decisiva, mette di fronte l'Italia proprio agli Stati Uniti. Il CT John Kowalski, al suo terzo mondiale, può contare comunque su alcuni giocatori importanti, come il portiere Nogueira, il pivot di origini italiane Jim Gabarra e il naturalizzato greco Frank Klopas, che due anni prima ha disputato i Mondiali casalinghi di calcio. In campo è una battaglia. Azzurri avanti 2–0 con Riscino e la furia Pippo Quattrini. Gli states tornano sotto e Caleca chiude il primo tempo sul 3–2. Secondo tempo di grande sofferenza e chiusura a un minuto dalla fine con Matranga per il definitivo 4–2. Il contemporaneo successo dell'Uruguay sulla Malesia ci qualifica con un turno di anticipo al girone dei quarti. Contro i sudamericani ci giochiamo il primo posto e andiamo sotto 2–0. Poi esplode fragorosa la stella di Andrea Bearzi, che con una doppietta ci regala il 2–2 che vale il primato. Bearzi è la grande novità del calcio a 5 italiano. Friulano, ma con origini liguri, cresce a Udine nel mito di Zico. Esordisce in Serie A a 17 anni con il Palmanova, che trascina ai playoff Scudetto. Passa  poi al Milano, dove si consacra. Al mondiale spagnolo mette in mostra tutto il suo repertorio fatto di finte ubriacanti, rapidità e freddezza sotto porta. Diventato grande in Lombardia, sarà grandissimo a Prato, dove vincerà tutto. Nel 2004 sarà il primo italiano a giocare nella Liga Spagnola, con il Zaragoza. Una carriera straordinaria, che in nazionale vedrà il suo apice proprio nel mondiale spagnolo. 
L'ultimo girone eliminatorio è quello dei maestri del Brasile. I bicampioni del mondo spazzano via gli avversari: 5–2 al Belgio all'esordio, 18–0 a Cuba e 8–3 all'Iran, sorprendente terzo ai precedenti mondiali e stavolta eliminato al primo turno. Se abbiamo definito mistica la nazionale spagnola, quella verdeoro che arriva nella penisola iberica per difendere i due titoli iridati è un concentrato di fenomeni capeggiati dal "Re" del futsal mondiale: Manoel Tobias. Ci troviamo di fronte al più completo giocatore che abbia mai calcato i parquet. Abile in tutte le fasi, capace di difendere e attaccare con la stessa qualità. Dotato di tecnica sopraffina, ma senza i funambolismi che caratterizzeranno il suo erede, Falcao. Manoel Tobias è dinamite pura, capace di realizzare 43 gol nelle 32 partite disputate in quattro mondiali, con due titoli di capocannoniere e due di miglior giocatore. Dal 96 al 2002 è il sovrano indiscusso del gioco. La sua epopea nasce però già al Mondiale del '92, dove risulta uno dei diamanti della corona che ha in Jorginho e Ortiz le due gemme più splendenti. Della straordinaria squadra campione ad Hong Kong ci sono anche il portiere Serginho, portiere dall'agilità straordinaria abituato ad aspettare i tiri stando quasi accovacciato a terra, il capitano Vander Iacovino e l'alter–ego mancino di Manoel Tobias: Fininho. Non bisogna farsi ingannare dall'apelido di questo giocatore, letteralmente "sottile". La corporatura di Fininho è esile, ma tutto il resto è potenza, grinta e cattiveria agonistica. Il piede sinistro di questo giocatore è una sciabola capace di tracciare fendenti imparabili da qualsiasi distanza. Opposto per costituzione fisica è il compagno di Fininho nel Carlos Barbosa, la più titolata delle società brasiliane. Si chiama Carlos Roberto Castro Silva, indossa la mitica maglia numero 10 della nazionale verdeoro, ed è passato alla storia del futsal come Choco. E' il punto di riferimento offensivo della Selecao, un pivot che poco si interessa alla fase difensiva ma che quando gioca spalle alla porta diventa un'arma letale. 
La squadra dominatrice del campionato brasiliano nel 1996 è però l'Internacional di Porto Alegre che oltre a Manoel Tobias e Serginho vanta altri due convocati, il laterale Waguinho, e il centrale Danilo. Difensore fortissimo, dotato di grande fisicità, verrà poi a giocare in Italia dove vincerà lo scudetto con Perugia e Arzignano. In Veneto si ricongiungerà con l'altro perno della manovra del Brasile '96: Marcio Brancher, divenuto nel corso della carriera un'entità spirituale più che un giocatore. A 53 anni Marcio è ancora un leader nella Serie A italiana e diverrebbe operazione lunga e tortuosa elencare tutti i titoli messi in bacheca da questo "signore del futsal". Nel nostro campionato, con le maglie di Prato, Arzignano e Luparense, abbiamo ammirato un altro grandissimo di quel Brasile, Sandro Teixeira Falcetta, in arte Sandrinho. Biondo, rapidissimo di gambe e dotato di un uno contro uno disarmante, è la stella del Palmeiras. Completano la rosa il pivot Clovis, il laterale Djacir e il secondo portiere Bagé. In panchina, a guidare un roster di fenomeni, c'è l'uomo che ha già vinto il mondiale quattro anni prima, Takao. 
Le migliori otto della prima fase vengono divise in ulteriori due gironi, preferiti dalla Fifa ai classici quarti di finale ad eliminazione diretta. Altre tre partite per stabilire le quattro squadre che si contenderanno il titolo mondiale. L'Italia è tra le teste di serie dopo aver vinto il proprio girone, evita il Brasile e la bestia nera Olanda, ma non la Spagna padrona di casa. Tra le seconde classificate ci toccano il Belgio e la Russia. Sono le tre squadre che ci hanno battuto agli Europei di gennaio. Per andare avanti bisogna sovvertire tutti i pronostici. Nell'altro girone finiscono di conseguenza Brasile, Olanda, Uruguay ed Ucraina. 
Per i due raggruppamenti  le magnifiche otto si spostano a Castellon de la Plana. La città sulla costa valenciana ospita il club che all'inizio del nuovo millennio dominerà la scena europea, quel Playas de Castellon, che vincerà tre coppe dei campioni consecutive tra il 2000 e il 2003, aggiudicandosi le prime due edizioni ufficiali sotto l'egida della Uefa. 
I quarti di finale vengono inaugurati da un pirotecnico 4–4 tra Olanda e Ucraina. La nazionale dell'est è la grande sorpresa della coppa. In quell'autunno del 1996 entra a far parte per la prima volta dell'elite mondiale per non uscirci più. Come i cugini russi, anche gli ucraini basano il loro calcio a 5 sulla grande atleticità e la rapidità dei suoi interpreti. In Spagna, sotto la guida del guru Gennadiy Lysenchuk, impressionano soprattutto in tre. Sulle corsie laterali sono imprendibili i gemelli Juriji e Serhij Usakovs´kyj, a finalizzare l'azione c'è il temibile pivot Moskaljuk, che chiuderà il mondiale al secondo posto nella classifica cannonieri con 10 reti. 
Il Brasile risponde con il 5–2 all'Uruguay nel derby sudamericano: due gol per Choco e Sandrinho e gol del re Manoel Tobias. 
Tocca all'Italia aprire il proprio gruppo e gli azzurri sembrano essere lanciatissimi verso la semifinale. La partita contro il Belgio è praticamente perfetta. La apre e la chiude Bearzi, in mezzo i gol di Roma e Famà. E' un 4–1 che ci dà fiducia per le due partite chiave, quelle contro Russia e Spagna. Nello scontro diretto le due potenze europee danno vita ad una partita molto equilibrata, che i padroni di casa risolvono con un gol per tempo dello sceriffo Lorente e dell'equilibratore Pato. 2–0 e russi che sembrano incapaci di esprimersi ai propri livelli. Eremenko in particolare appare in difficoltà. In quattro partite ha realizzato altrettanti gol, ma tre sono arrivati nella goleada contro la Cina. Questo ci fa ben sperare per la partita del 2 dicembre, decisiva per il passaggio del turno. 
Nell'altro girone intanto l'Uruguay stupisce tutti battendo l'Olanda 5–4, ma la grande sorpresa arriva da Ucraina–Brasile. Il vento dell'est soffia forte nel palasport di Castellon. I fenomenali brasiliani sono costretti ad inseguire per tutta la partita, i velocissimi avversari in campo e il risultato sul tabellone. Bezugly porta in vantaggio l'Ucraina, pareggia Manoel Tobias. Nel secondo tempo 2–1 di Moskalenko ed è il capitano della Selecao Vander Iacovino ad impedire una clamorosa sconfitta. La situazione dopo due partite vede il Brasile in testa con 4 punti, seguito dall'Uruguay con 3, Ucraina con 2 e Olanda con un solo punto. L'ultima giornata sarà dunque decisiva. 
La condizione fisica degli ucraini è un campanello d'allarme che suona nella testa degli azzurri. Le due squadre dell'est sono partite piano, ma hanno una forza fisica che alla lunga può fare la differenza. Conosciamo bene la Russia. Negli europei di gennaio ci ha umiliati con una superiorità andata ben oltre il 5–1 finale. Lo sappiamo e per un tempo riusciamo a ribattere colpo su colpo, fallendo anche un calcio di rigore con Famà. Poi, allo scadere del primo tempo, il grande orso russo si sveglia dal letargo: Lo zar Eremenko firma l'1–0. Nel secondo tempo proviamo a reagire, ma il gap in campo è troppo evidente. 2–0 di Yashin e 3–0 ancora di Eremenko. Sconfitta pesante, ma non definitiva. Ci fa sperare la prestazione del Belgio, che contro una Spagna stanca e stranamente lenta riesce a chiudere avanti il primo tempo con l'oriundo italiano Pasquale Cocco, prima di arrendersi ai gol di Ferreira e Javi Sanchez. 
Spagna a sei punti, Russia e Italia a tre, Belgio a zero. Per passare il turno ci serve una vittoria in casa della Spagna padrona di casa. 
Le prime due semifinaliste si conoscono la sera del 3 dicembre. L'Ucraina continua la sua sorprendente marcia, batte 5–3 l'Uruguay con una tripletta di Bezugly ed è tra le migliori quattro squadre al mondo. Il primo posto va, ovviamente, al Brasile. Contro l'Olanda la Selecao torna a mostrare il suo futsal fatto di tecnica e magie. Due gol di Choco, uno per Manoel e Djacir, un'autorete e gli orange salutano il mondiale sconfitti 5–1. 
La giornata decisiva nel gruppo dell'Italia si apre con la Russia che gioca a tennis con il Belgio: 6–2 che non lascia scampo ai diavoli rossi, eliminati. L'armata di Andreev, cresciuta di partita in partita, adesso fa paura a tutti. La seconda semifinalista esce dal confronto tra Spagna e Italia, un superclassico del calcio a 5 europeo. Il primo confronto risale all'11 novembre del 1984, con successo degli azzurri per 2–0 nel Quattro Nazioni. Un anno dopo la prima vittoria delle furie rosse, 4–3, nella seconda edizione dello stesso torneo. L'ultima volta che li abbiamo battuti è stato proprio con Facchin in panchina, nella finale del Mundialito del '94 giocato a Milano. All'Europeo del gennaio '96, invece, una netta sconfitta per 4–1. La Roja si presenta alla sfida dell'Italia forte di due risultati a disposizione e con la spinta dei quasi 5000 tifosi che riempiono il pabellon di Castellon de la Plana. Gli azzurri provano a gettare il cuore oltre l'ostacolo, Pippo Quattrini risponde ai gol di Ferreira e Vicentin, permettendo di andare al riposo sotto 2–1. Nei secondi venti minuti però la Spagna colpisce altre due volte, con Santi e ancora con Ferreira. Finisce 4–1, come qualche mese prima a Cordoba. Il mondiale dell'Italia si chiude così al quinto posto, miglior risultato di sempre, ma ancora fuori dalle prime quattro del pianeta. 
Le due semifinali mettono di fronte tre concezioni diverse di calcio a 5. Quella brasiliana, fatta di dribbling, giocate ad effetto e qualità individuali. Quella spagnola che alla classe degli interpreti associa la massima espressione della tattica collettiva. E quella dell'est Europa, con la corsa e la fisicità di Russia e Ucraina. 
Per l'atto finale della terza coppa del mondo Fifa le squadre si spostano a Barcellona, nel bellissimo Palau Sant Jordi. Una struttuta costruita per le Olimpiadi del 1992 e capace di accogliere 17mila spettatori. Dalla collina del Montjuic domina la capitale della Catalogna. 
Il 6 dicembre si giocano le due semifinali. Aprono le danze il Brasile e la Russia. La curiosità nel capire se la squadra di Andreev possa mettere in difficoltà i bicampioni del mondo viene spazzata via in 14 minuti. Choco è incontenibile. Il numero 10 della Selecao realizza i due gol che permettono di chiudere la prima frazione di gioco sul doppio vantaggio. Nel secondo tempo la sinfonia non cambia. Il futsal samba dei sudamericani ammalia la Russia. Una doppietta di Marcio porta la partita sul 4–0. Negli ultimi cinque minuti Eremenko e Belyi provano a riaprirla, ma Manoel Tobias e ancora Choco esaltano la superiorià della spettacolare squadra di Takao. 6–2 e terza finale consecutiva per i detentori del titolo. 
La prestazione del Brasile non fa tremare le gambe alla Spagna. Sale in cattedra el gran capitan, che fino a questo momento del torneo ha segnato soltanto tre gol. Vicentin si carica la Roja sulle spalle, segna una meravigliosa tripletta e, con il gol di Santi, rende vano qualsiasi tentativo dell'Ucraina di negare a tutto il popolo spagnolo la prima finale mondiale della sua storia. 4–1 e scontro galactico con il Brasile prenotato. 
La finalissima della Coppa del Mondo è in programma per domenica 8 dicembre alle 13. Un giorno significativo per la cattolicissima Spagna. Gli spalti del Palau Sant Jordi sono già gremiti due ore prima della grande sfida. Oltre 15mila spettatori per sostenere la squadra di Lozano verso il trono del mondo. 
La partita è semplicemente meravigliosa. Nessun tatticismo, soltanto due squadre che giocano a viso aperto per raggiungere il massimo traguardo. E' il Brasile ad andare in vantaggio. 8' minuto sul cronomentro. Choco scappa via a Santi sulla destra, mette il pallone in mezzo, un rimpallo favorisce Danilo che cerca la conclusione balisticamente più difficile, ma anche quella più imparabile per Jesus: 1–0. Passano altri otto minuti e Choco, debordante nella sua forza fisica abbinata ad una tecnica sontuosa, a raddoppiare. Perno su Javi Sanchez, finta a saltare Ferreira e botta sul palo più lontano che non lascia scampo a Jesus. Palla a centro e la Spagna fa vedere di che pasta è fatta. Fuga sulla destro di Pato, conclusione velenosa che viene deviata da Marcio alle spalle di Serginho. Il futuro capitano dell'Arzignano rimedia subito all'errore involontario. A due minuti dalla fine del primo tempo Choco intercetta un pallone a centrocampo, lascia partire un missile terra aria sul quale Jesus si oppone come può, ma sulla ribattuto Marcio è il più lesto ad intervenire: 3–1. Palau Sant Jordi ammutolito e doppio vantaggio del Brasile al riposo. Per tornare in partita la Spagna ha bisogno di iniziare i secondi venti minuti all'arrembaggio. La fortuna aiuta gli audaci e dopo appena un minuto Manoel Tobias, proprio lui, devia il pallone in scivolata nella propria porta. L'autogol del miglior giocatore del mondo, incapace fino a quel momento di lasciare il segno nella finale, sembra un segnale di svolta. 
A cambiare, ancora, l'inerzia della partita ci pensa Choco. Il pivot brasiliano con grande furbizia si procura un calcio di punizione dal limite, lasciandosi cadere sull'intervento di Ferreira. A trasformare in oro l'occasione guadagnata dal numero 10 ci pensa ancora Danilo, con una punizione che letteralmente spacca la porta avversaria. Di nuovo +2 Brasile. La Spagna è ferita, ma non morta. Vicentin la prende di nuovo per mano e nel 4–3 mette dentro tutte le sue qualità, tecnica, dribbling e tiro. Passano i minuti, le furie rosse attaccano a testa bassa trascinati dai 15mila di Barcellona. La partita resta bellissima. Tiro di Javi Sanchez, fuori di un niente. Tiro di Fininho, palo clamoroso. Fino al 37', quando Danilo serve a Vander Iacovino l'assist del 5–3. Il capitano verdeoro fa così il bis del gol nella finalissima di quattro anni prima contro gli Stati Uniti. Finita qua? Assolutamente. Perché quell'idemoniato di Vicentin a 1'50'' dalla sirena trova su punizione il gol del 5–4. Il livello di drammaticità del momento è altissimo. L'urlo Espana Espana fa tremare il Palau Sant Jordi. Ed è in questi momenti che il Dio del futsal sceglie gli uomini per scrivere la storia. E la parola fine sulla storia di questo mondiale non può che metterla lui, il Re. Manoel Tobias. Raccoglie un lancio lungo, si destreggia tra due avversari, salta Pato. Vander gli ruba il pallone calciando su Jesus, ma il Re raccoglie la ribattuta, salta il portiere e mette dentro il gol del 6–4. 14° gol nel Mondiale, capocannoniere e miglior giocatore. Il Brasile è per la terza volta consecutiva sul tetto del Mondo. E lui, il Re, è il nuovo dominatore del gioco.